Donatella Zoroddu, «Il commento di Charles K. Barrett agli Atti degli Apostoli. Note di lettura.», Vol. 24 (2011) 71-94
The monumental two-volume commentary by C.K. Barrett on the Acts of the Apostles (ICC), completed in 1998, is a milestone in the exegetical history of this New Testament document. A collection of notes, made during the preparation of the Italian edition of the commentary, is offered, without any claim to completeness. Most of the notes focus on grammatical and lexical questions, but some are also concerned with text critical issues and pay particular attention to the translation of the Greek text with which Barrett opens every pericope. The last section of the article deals with the oversights and inaccuracies that could cause the reader difficulty.
Il commento di Charles K. Barrett agli Atti degli Apostoli. Note di lettura 81
from declaring to you anything […], and teaching you” (la lezione di D,
senza negazione, va in questa direzione). τοῦ μή avrebbe qui una funzio-
ne analoga a quella del latino quin, che ha incorporato un originario ne
e introduce completive rette da verbi con negazione. Sembra confermare
questa interpretazione sintattica la ripetizione variata della frase al v. 27
in cui ὑπεστειλάμην non ha oggetto, inserito invece nella proposizione
all’infinito: οὐ γὰρ ὑπεστειλάμην τοῦ μὴ ἀναγγεῖλαι πᾶσαν τὴν βουλὴν
τοῦ θεοῦ ὑμῖν27. B. traduce anche qui allo stesso modo, postulando l’og-
getto “nothing” per il verbo reggente. τοῦ μή con infinito è usato negli
Atti altre 3 volte, in 10,47; 14,18 e 21,12, e sempre vi si può individuare un
introduttore di completiva, sia pure con notevoli differenze (cf. Lc 24,16).
Il caso più complesso è quello di 10,47, sul quale B., 530, si sofferma più a
lungo con rimandi che sarebbe stato opportuno richiamare per 20,20, tra
cui la citazione di BDR, § 400.4 (da integrare con la n. 6): μήτι τὸ ὕδωρ
δύναται κωλῦσαί τις τοῦ μὴ βαπτισθῆναι τούτους […]; B., 489, traduce:
“Can anyone forbid the water so as to prevent from being baptized these
men […]?”, sostanzialmente sdoppiando κωλύω in due verbi di impedi-
mento, uno che regge l’accusativo, l’altro la completiva. Questo è peraltro
il caso in cui è più difficile dirimere fra consecutiva e completiva.
Parlando ai giudei Paolo ricorda il proprio passato di persecutore del-
la via, su cui possono rendere testimonianza ὁ ἀρχιερεὺς […] καὶ πᾶν τὸ
πρεσβυτέριον, παρ' ὧν καὶ ἐπιστολὰς δεξάμενος πρὸς τοὺς ἀδελφοὺς
εἰς ∆αμασκὸν ἐπορευόμην (22,5). B., 1037, riporta le notazioni gramma-
ticali di E. Delebecque, Les Actes des Apôtres (Paris 1982) 106-7, il quale
definisce παρ' ὧν “relative complexe”, sicché la frase equivarrebbe a οἷς,
παρ' αὐτῶν […] δεξάμενος […] ἐπορευόμην, da tradursi “du fait desquels,
pour avoir reçu d’eux des lettres […], j’étais en train de suivre le chemin
de Damas”. In realtà non occorre presupporre questa sorta di attrazio-
ne del relativo, poiché a reggere παρ' ὧν basta il participio: “il sommo
sacerdote e tutto il consiglio degli anziani, ricevute dai quali lettere […],
mi recavo […]”, che è peraltro la resa dello stesso B., 1029: “From them
also I received letters […] and journeyed […]”. E lo stesso vale per la gran
parte dei paralleli negli Atti addotti da Delebecque, come 15,29; 19,25;
25,18; 28,8.15, ove il relativo (talora un nesso relativo, come può essere
interpretato anche il caso in esame) è sempre retto dal solo participio,
costruzione del resto non rara e già classica: bastino ad attestarla gli
esempi di Lys. 12:8, 13.
27
Una certa discordanza si rileva in BDAG riguardo ad At 20,20 e 27, che sono trattati
insieme s.v. ὁ, 2.d.β.( דinf. con τοῦ μή in dipendenza da verbi di impedimento), e ricondotti
a due accezioni e costruzioni distinte s.v. ὑποστέλλω, 2.