Donatella Zoroddu, «Il commento di Charles K. Barrett agli Atti degli Apostoli. Note di lettura.», Vol. 24 (2011) 71-94
The monumental two-volume commentary by C.K. Barrett on the Acts of the Apostles (ICC), completed in 1998, is a milestone in the exegetical history of this New Testament document. A collection of notes, made during the preparation of the Italian edition of the commentary, is offered, without any claim to completeness. Most of the notes focus on grammatical and lexical questions, but some are also concerned with text critical issues and pay particular attention to the translation of the Greek text with which Barrett opens every pericope. The last section of the article deals with the oversights and inaccuracies that could cause the reader difficulty.
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zione delle diverse lezioni ha sul senso generale contribuisce a chiarirlo
ulteriormente. Attenzione speciale è riservata al testo occidentale degli
Atti, ricco di varianti sostanziali, e alle tendenze rivelate dalle sue lezioni.
Mentre i dati forniti sono in genere quelli dell’apparato di N.-A.26, per le
varianti di D spesso le sue informazioni vengono integrate (per es. a p.
919 per la lezione di 19,21: διελθεῖν […] καὶ πορεύεσθαι). Vi sono però
alcuni casi in cui l’elenco delle varianti è semplicemente ripreso dall’ap-
parato di N.-A. senza essere accompagnato da alcuna discussione o ag-
gancio al commento, e appare pertanto poco utile, visto che il lettore deve
comunque avere sottocchio quell’edizione per il testo greco degli Atti.
È così per le tre varianti di 26,26 segnalate a p. 116948, ove tra l’altro
non sono menzionati testimoni importanti di τι riportati nell’apparato
di N.-A.26 ( אM). Né qui né nel commento a 28,9 (p. 1226) è discussa la
lezione καί, accolta nel testo ma omessa da vari testimoni (fra i quali B).
A proposito di καί è da dire che in 26,26, πρὸς ὃν καὶ παρρησιαζόμενος
λαλῶ, meritava indicarne la probabile funzione di rafforzativo del pro-
nome rinviando al parallelo di 12,4, ὃν καὶ πιάσας ἔθετο (ma anche ad
l. manca una notazione in tal senso), e a BDR, § 442.8b e n. 24, citato
solo a proposito di 28,28 (p. 1247) e non di 1,11; 13,22 (ᾧ καὶ εἶπεν
μαρτυρήσας, strutturalmente identico ai due passi in parola); 23,3, che
peraltro sono ivi enumerati. Un elenco completo è fornito da Haenchen,
146, n. 6. Si veda inoltre Begs. III, 239.
In 15,39-40 sono raccontate le conseguenze del disaccordo fra Paolo e
Barnaba: essi si separarono; Barnaba partì alla volta di Cipro con Marco;
Paolo partì con Sila. Secondo il testo di N.-A.26 le prime due azioni sono
espresse da consecutive con accusativo e infinito, la terza in una frase in-
dipendente. Il testo occidentale — D (gig pc) — interviene sulla consecutiva
coordinata (τόν τε Βαρναβᾶν παραλαβόντα τὸν Μᾶρκον ἐκπλεῦσαι),
rendendola indipendente (τότε Β-ᾶς -λαβὼν […] ἔπλευσεν). Per B., 757,
“the best explanation of this reading is that a copyist copied τόν τε as
τότε, accidentally omitting the ν, and then rewrote the rest of the sentence
as economically as possible”, ma aggiunge che “one could equally suggest
that τότε was erroneously written τόν τε”. Non appare del tutto chiaro
se la seconda ipotesi dia credito a D solo per τότε o per l’intera frase. In
ogni caso vale la pena di osservare che la lezione occidentale è dal punto
di vista sintattico banalizzante, perché elimina l’asimmetria tra le frasi
che descrivono i comportamenti dei due protagonisti del dissidio renden-
dole perfettamente parallele. Da un’angolatura differente Rius-Camps –
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John Price, in Critici sacri VII, col. 484, introduce una sfumatura ulteriore: “propter
imbrem qui nos urgebat vexabatque”.
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Ma v. anche p. 1022 a 21,31 (τε).