Donatella Zoroddu, «Il commento di Charles K. Barrett agli Atti degli Apostoli. Note di lettura.», Vol. 24 (2011) 71-94
The monumental two-volume commentary by C.K. Barrett on the Acts of the Apostles (ICC), completed in 1998, is a milestone in the exegetical history of this New Testament document. A collection of notes, made during the preparation of the Italian edition of the commentary, is offered, without any claim to completeness. Most of the notes focus on grammatical and lexical questions, but some are also concerned with text critical issues and pay particular attention to the translation of the Greek text with which Barrett opens every pericope. The last section of the article deals with the oversights and inaccuracies that could cause the reader difficulty.
Il commento di Charles K. Barrett agli Atti degli Apostoli. Note di lettura 75
La narrazione lucana è scandita da sommari che mostrano il progres-
so della chiesa. Quello di 9,31 presenta una struttura sintattica ambigua,
perché è arduo stabilire a quale dei due verbi finiti, posti agli estremi, siano
da legare i due participi congiunti centrali, e da quale o quali verbi dipen-
dano i due dativi: ἡ μὲν οὖν ἐκκλησία […] εἶχεν εἰρήνην οἰκοδομουμένη
καὶ πορευομένη τῷ φόβῳ τοῦ κυρίου καὶ τῇ παρακλήσει τοῦ ἁγίου
πνεύματος ἐπληθύνετο. B., 472, rendendo i participi con modi finiti,
non affronta il primo problema (come Schneider). Oppone alla proposta
di subordinare πορευομένη a οἰκοδομουμένη attribuendogli la funzione
semitica di modificatore progressivo (“was built up more and more”) due
argomenti (p. 474): l’ordine in cui si trovano i participi e il dativo τῷ
φόβῳ, che resterebbe inesplicato. I due dativi sono legati fra loro e uniti a
πορευομένη (“and walked in the fear of the Lord under the influence of
the Holy Spirit”). Quasi tutte le combinazioni possibili sono difendibili
e molte sono state effettivamente sperimentate nelle traduzioni. Sintomo
di questa incertezza è anche la totale assenza di interpunzione nel testo
greco di N.-A. (anche nella 27a). Depone a favore della soluzione di B.
l’uso del verbo πληθύνω negli Atti (5×) e nel resto del NT (6×), ove non è
mai completato da un dativo7, ma in At 9,31 il ritmo della frase sembra
avversare questa lettura, che isola il verbo finale e che B. deve supportare
con una congiunzione assente in greco (“and it increased in numbers”).
In forme disparate, Gloag, Stählin, Haenchen, Pesch, Roloff e Rius-
Camps – Read-Heimerdinger, senza peraltro tematizzare il problema,
fanno gravitare i due participi su εἶχεν εἰρήνην e il dativo τῷ φόβῳ su
πορευομένη8 o su entrambi i participi; il καὶ che segue coordina così i
due verbi finiti, lasciando il secondo dativo a ἐπληθύνετο. Begs. IV, 107,
assegna a ogni verbo finito un participio, allacciando al secondo i due
dativi.
Nel cap. 11 Pietro, contestato a Gerusalemme per la sua frequenta-
zione di gentili, riferisce sugli eventi, già narrati al cap. 10, che hanno
condotto alla conversione e al battesimo del centurione Cornelio. Al. v. 12
questi è indicato come τοῦ ἀνδρός, nel v. 13 l’angelo che gli era apparso
è [τὸν] ἄγγελον. B., 541, osserva che entrambi gli articoli dovrebbero
essere anaforici, ma sono privi di antecedente9. L’indeterminatezza in cui
6
W. Radl, “ῥῆμα”, DENT II, coll. 1252-5, spec. §§ 3 e 4. Cf. Begs. IV, 120, ad 10,37.
7
Il caso più affine è in 2 Pt 1,2, con ἐν + dat.: χάρις ὑμῖν καὶ εἰρήνη πληθυνθείη ἐν
ἐπιγνώσει τοῦ θεοῦ κτλ.
8
Così Schneider. V. BDR, § 198.5 (dat. sociativo o di modo); anche A.T. Robertson,
A Short Grammar of the Greek New Testament (New York 1908) 107 (locativo).
9
Commentando l’assenza del secondo articolo nel codex Bezae (e in P45 Ψ) Rius-Camps –
Read-Heimerdinger, II, 289, giudicano anomala la sua presenza nel testo alessandrino per
questo motivo.