Romano Penna, «La questione della dispositio rhetorica nella lettera di Paolo ai Romani: confronto con la lettera 7 di Platone e la lettera 95 di Seneca», Vol. 84 (2003) 61-88
La questione della dispositio rhetorica nella lettera di Paolo ai Romani: confronto con la lettera 7 di Platone e la lettera 95 di Seneca
propriamente essa andrebbe definita di genere protrettico 45. La trattazione che la caratterizza suppone e si spiega solo in base alla lettera precedente, la 94, da cui dipende in quanto ne è la ripresa e la prosecuzione logica. Il punto di partenza (di entrambe le epistole) si trova enunciato là, all’inizio della 94, ed è fornito dalla tesi sostenuta da alcuni, secondo cui basterebbe quel tipo di filosofia che dà solo precetti particolari per la vita di ciascuno senza interessarsi di formare l’uomo nel suo insieme (ea pars philosophiae quae dat propria cuique personae praecepta nec in universum componit hominem: 94,1). In proposito, senza formulare una vera e propria propositio in senso retorico, Seneca vi formula due questioni di principio (duas questiones 94,5): cioè, se i precetti particolari siano utili o inutili (94,5-51) e se la filosofia precettistica basti da sola a formare l’uomo saggio. La trattazione di questa seconda questione viene rimandata a un altro momento (huic questioni suum diem dabimus: 94,52), che è fornito appunto dalla lettera 95. Frattanto, in tutta la sezione epistolare rimanente (94,52-74), egli risponde a una domanda interlocutoria: se non sia comunque necessario l’intervento di qualcuno che dia precetti contrari alla mentalità della folla. La risposta è positiva, perché è l’opinione corrente della folla che ci inquina, conducendoci alla corruzione della fama e del potere (con gli esempi di Alessandro Magno, Gneo Pompeo, Giulio Cesare, Caio Mario), mentre la natura di per sé ci ha generati incorrotti e liberi (integros ac liberos genuit); quindi è a questa che bisogna tornare, e per questo occorre sempre qualcuno che ci ammonisca, un monitor (94,72).
b) La struttura o dispositio del testo
La lettera 95 riprende e tratta quella che nella lettera precedente (in 94,4 e 52) era stata prospettata come seconda questione. Essa viene ora riformulata così: "Se quella parte della filosofia che i Greci chiamano paraenetica e noi praeceptiva basti a rendere perfetta la sapienza" (95,1: ad consummandam sapientiam) 46. Questa formulazione della frase costituisce dunque la ripresa tematica di una dichiarazione d’intenti, che era stata enunciata addirittura in uno scritto precedente. Ma, poiché già là è ben difficile parlare di una propositio vera e