Romano Penna, «La questione della dispositio rhetorica nella lettera di Paolo ai Romani: confronto con la lettera 7 di Platone e la lettera 95 di Seneca», Vol. 84 (2003) 61-88
La questione della dispositio rhetorica nella lettera di Paolo ai Romani: confronto con la lettera 7 di Platone e la lettera 95 di Seneca
nell’ordinamento del loro parlare rispetto a chi ha ricevuto una formazione specifica, ma al contrario che la codificazione delle specifiche regole retoriche non fa altro che raccogliere e formalizzare le tecniche del dire, che sono comuni a tutti. La retorica infatti verte semplicemente sull’evento generale della comunicazione interumana.
Benché la retorica sia colorata dalle tradizioni e convenzioni proprie della società a cui appartiene, essa è anche un fenomeno universale, condizionato dalle operazioni basilari della mente e del cuore umani e dalla natura di ogni società umana. L’obiettivo di Aristotele nello stendere la sua Retorica non era quello di descrivere la retorica greca, ma di descrivere questa universale sfaccettatura della comunicazione umana ... È perfettamente possibile utilizzare le categorie aristoteliche per studiare l’arte del discorso in Cina, in India, in Africa e in ogni altra parte del mondo, dove pur ci sono culture molto più diversificate da quella greca di quanto fosse diversa quella della Palestina al tempo dell’impero romano. Ciò che è unico nella retorica greca e che la rende utile nel lavoro critico è il grado della sua concettualizzazione; i Greci diedero dei nomi alle tecniche retoriche, di cui molte si trovano in ogni parte del mondo51.
Con queste parole, in sostanza, si giunge a dire che è la scienza retorica a dipendere dall’evento vivo della parola, non il contrario. E ciò significa dunque che chi parla o scrive non parte necessariamente da una dotta codificazione di regole retoriche prestabilite, ma semplicemente da una necessità logica naturale, primaria; sicché, anche chi studia i testi letterari (antichi) non deve forzosamente prendere le mosse da uno schema di regole prefissate, ma fin dove è possibile deve semplicemente scoprire e tenere nella dovuta considerazione la forma mentis et loquelae propria e magari personalissima del singolo autore in oggetto. Ed è come dire che, per fortuna, la vita precede la grammatica!
IV. La lettera ai Romani
1. La dispositio generale della lettera
Se c’è una cosa chiara e persino lapalissiana, dunque elementare, di cui prendere atto a proposito della lettera di Paolo ai Romani, come anche delle altre da lui scritte, è che essa appartiene al genere epistolare52. Nulla di più evidente sul piano formale! Ebbene, dovrebbe