Romano Penna, «La questione della dispositio rhetorica nella lettera di Paolo ai Romani: confronto con la lettera 7 di Platone e la lettera 95 di Seneca», Vol. 84 (2003) 61-88
La questione della dispositio rhetorica nella lettera di Paolo ai Romani: confronto con la lettera 7 di Platone e la lettera 95 di Seneca
momenti successivi, e partendo di volta in volta con una diversa propositio principale57: una prima grande propositio consiste in una definizione generale dell’evangelo stesso, in senso non tanto contenutistico quanto formale (1,16-17)58, mentre l’altra propositio formula delle richieste generali riguardanti la vita morale del cristiano (12,1-2)59. Ciascuna di esse genera e regge una delle due parti del corpo epistolare.
La prima delle due origina la parte più ampia della lettera (1,18-11,36), in cui Paolo procede gradualmente ad esporre alcuni aspetti decisivi e fondamentali dell’evangelo, cioè: (1) giustizia di Dio ad esso contraria (1,18-3,20) e corrispettivamente quale sia la dinamica del rapporto tra la giustizia di Dio rivelatasi in Cristo e il suo impatto soteriologico mediato dalla fede (3,21-5,21), (2) quali risvolti ‘mistici’ o partecipazionisti esso comporti per la vita cristiana in base al battesimo e allo Spirito (6,1-8,39), e (3) quali ripercussioni esso incontri a contatto con il popolo di Israele a cui sarebbe primariamente destinato (8,1-11,36).
La seconda dà inizio a una sezione che lo stesso Seneca chiamerebbe "parenetica" e che significativamente è molto più breve della precedente (12,3-15,13). Qui Paolo sintetizza l’intero agire morale del cristiano attorno al semplice ma esigentissimo concetto di a)ga/ph o amore di carità, dettagliandolo sia in una precettistica generale (12,3-21; 13,8-14), sia più specificamente in rapporto all’obbedienza verso le autorità civili (13,1-7), sia soprattutto nelle questioni di disaccordo religioso all’interno della comunità cristiana (14,1-15,13).
2. Ragione della diversa estensione delle due parti epistolari
La diversa estensione delle due parti di Rom, molto più ampia la prima rispetto alla seconda, è motivata da una preoccupazione di fondo che comanda la mente e il cuore dell’Apostolo, e cioè che l’agire morale del cristiano non avrebbe una sua consistenza propria se non poggiasse sulle solide basi dell’evangelo della grazia di Dio manifestatasi nel sangue di Cristo. È appunto questa convinzione a fargli esclamare che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore con cui Dio ci è venuto incontro in Cristo (cf. 8,31-39). La sola precettistica morale non