Francesco Bianchini, «Il nomos in Gal 5,13–6,10», Vol. 94 (2013) 47-62
In Gal 5,13–6,10 we find three much-debated passages in which the meaning and connotation, positive or negative, of no/moj are not clear: 5,14; 5,23b; 6,2. This article seeks to shed light on these verses, consi - dered within the context of the letter. Starting with the text as it stands, it is shown how it is possible to understand the use of no/moj in the setting of a coherent development of Paul’s thought in Galatians. Lastly, in view of the paraenetic context in which no/moj is used, some general indications are brought together which are useful for Pauline ethics.
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IL no,moj IN GAL 5,13–6,10
già detto, per l’interpretazione di un termine è necessario partire dal
contesto letterario; per questo il parallelismo di Campbell appare dif-
ficile da percepire dall’ascoltatore e quindi innaturale, mentre proprio
nel v. 21 abbiamo il neutro ta. toiau/ta per le opere della carne, a con-
clusione del loro elenco cominciato al v. 19. Così toiou,twn al v. 23b
è da prendersi come neutro, in riferimento alla lista, appena termi-
nata, degli elementi che compongono il frutto dello Spirito.
Delineando il significato complessivo del versetto, emerge come
Paolo intenda affermare che la Legge non ha niente da obiettare contro
questi effetti della vita nello Spirito: “la Legge non è contro tali coseâ€.
A sua volta Longenecker 24 sostiene che l’affermazione di 5,23b è una
sottolineatura data con effetto retorico per reiterare il contenuto del v.
14, poiché “tali cose†soddisfano pienamente le richieste della Legge
e vanno ben oltre di esse. Infatti il primo e, probabilmente, riassuntivo
elemento del “frutto dello Spirito†è l’avga,ph (v. 22), oggetto del co-
mandamento di Lv 19,18 citato al v. 14. Si deve rilevare che, come giÃ
ricordato, nella pericope c’è un altro importante uso di no,moj, quando
al v. 18 si dice che chi è guidato dallo Spirito non è u`po. no,mon. Rispetto
a questo versetto, il nostro intende affermare che il cristiano, pur non
essendo più sottoposto alla Legge, se si lascia guidare dallo Spirito non
compie qualcosa che vada contro di essa. Quindi nel v. 23b la questione
non è, come Longenecker e altri sostengono, quella di escludere da
parte di Paolo un’interpretazione legalistica del “frutto dello Spiritoâ€,
bensì, secondo quanto sostiene anche Barbaglio 25, il difendersi dalla
possibile accusa di anomismo amorale, dal momento che l’Apostolo
afferma la sufficienza dello Spirito come fondamento dell’etica, esclu-
dendo, in pari tempo, l’osservanza delle norme della Legge.
Con ogni probabilità , Paolo nella pericope di 5,13-26, e in par-
ticolare nel v. 23b intende rassicurare i suoi destinatari, anche a mo-
tivo della propaganda degli avversari, sostenendo che per il
credente basta seguire nel suo agire solo la mozione dello Spirito,
senza alcun bisogno delle prescrizioni della Legge. La vita cristiana
così prospettata non cade nell’immoralità , ma anzi produce i buoni
effetti elencati nei vv. 22-23a. Infatti se nel brano, da una parte, è
indicata per il cristiano una chiara alternativa tra la guida della
Legge e quella dello Spirito (v. 18), dall’altra, è presente un’irridu-
LONGENECKER, Galatians, 262-263.
24
G. BARBAGLIO, La teologia di Paolo. Abbozzi in forma epistolare (La
25
Bibbia nella storia 9; Bologna 1999; 22001) 487.
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