Romano Penna, «Appunti sul come e perché il Nuovo Testamento si rapporta all'Antico», Vol. 81 (2000) 95-104
The syntagma "Old Testament" (2 Cor 3,14), unlike the corresponding "New Testament" (Jer 31,31; CD 6,19; 8,21; 19,33-34; 20,12), is of exclusively Christian coinage. Regarding the modes of usage of the first by the second we have recorded: a) the quantitatively differing presence within the single NT books; b) the various forms of the text employed; and c) the diverse exegetical techniques used. Regarding the causes of such recourse to the OT, two motives can be distinguished. There is a cultural motive, due to the simple fact that Jesus and all the first Christians belong to the Jewish people. And there is a theological motive, due to the fact that the belief in Jesus as Messiah is rooted in a praeparatio evangelica. The chief source of the expectation of a Messiah lay precisely within the Scriptures of Israel. Thereupon the fundamental hermeneutic criterion has been (and is) the Christological faith.
Gen 12,7 (kai_ tw=| spe/rmati/ sou) risente, sì, di una tecnica rabbinica, come spesso rilevano i commentatori, ma in più vi annette una attualizzazione messianica che il rabbinismo non vi ha mai scorto.
d) In conclusione, ci corre lobbligo di fare due osservazioni di carattere generale. La prima riguarda la considerazione qualitativa che il NT dimostra di avere nei confronti dellAntico. Essa si può sintetizzare in quattro concetti diversi che esprimono altrettanti punti di vista15.
Tutti gli scrittori del Nuovo concordano nel considerare positivamente lAntico come graphé: in quanto Scrittura, esso è comunemente ritenuto normativo (cf. 1 Cor 15,3-5). Altrettanto, e come ulteriore specificazione, si può dire che gli autori neotestamentari considerano positivamente lAntico come epanghelía, "promessa", dato che per tutti il fatto cristiano non rappresenta un inizio assoluto ma ha già nellAntico Testamento i suoi germi (cf. Rm 1,2: proephggei/lato). Non si può dire altrettanto invece della dimensione propriamente storica dellAntico, cioè di ciò che è realmente avvenuto, direi del ghenómenon in esso raccontato; il Nuovo infatti non sinteressa sempre in modo uguale della successione degli avvenimenti passati: così, mentre a Paolo sta a cuore distinguere bene tra le figure di Abramo e di Mosé (addirittura datando la Legge 430 anni dopo la promessa al patriarca), le genealogie di Gesù che leggiamo in Mt 1,1-17 e in Lc 3,23-38, oltre a divergere tra di loro, ci danno una ricostruzione di fatto arbitraria, comandata da preoccupazioni cristologiche. Non tutti infine considerano positivamente lAntico come nómos, cioè come depositario di un principio salvifico legato allosservanza della Legge là contenuta; in questo senso, infatti, come sappiamo bene, San Paolo è assai critico; ma anche altri scritti, come il Quarto Vangelo, per non dire della Lettera agli Ebrei, si accontentano di leggere nellAntico una preconizzazione di Cristo ma non un codice di comportamento per la vita cristiana.
La seconda osservazione riguarda il criterio ermeneutico fondamentale che sta alla base di tutto il variegato utilizzo dellAntico da parte del Nuovo. Lo si può esprimere semplicemente col dire che il punto di partenza degli autori neotestamentari non è mai il testo dellAntico Testamento, ma è sempre e soltanto la nuova fede cristiana. Non si è partiti dallAntico per costruire la fede del Nuovo, ma viceversa si è partiti da una novità per molti versi inaudita per fondarla poi nellAntico. Ciò che era primario sul piano oggettivo della storia della salvezza divenne secondario sul piano soggettivo dellimpresa ermeneutica. Persino a un testo riportato con fedeltà alloriginale, come quello di Gioele 3,5 in Rm 10,13 ("Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato"), si conferisce un senso nuovo intendendo "il Signore" non più come YHWH ma come il Cristo risorto16. Del resto, è sintomatico che, a differenza di quanto avviene già a