Franco Manzi, «La fede degli uomini e la singolare relazione filiale di Gesù con Dio nell’Epistola agli Ebrei», Vol. 81 (2000) 32-62
The results of this specifically exegetical study on the Epistle to the Hebrews in the first place go against a tendency to interpret in an intellectualistic vein the passages dealing with human faith. For the Epistle, in fact, while faith does have a cognitive aspect, it is above all characterised by eschatological tension, and involves a participation, mediated by Christ, of the whole human person in divine life. In the second place, the study distances itself from prejudicial attempts at assimilating the filial relationship that exists between Jesus Christ and the Father to the mere faith that Christians have in God. On the basis of the Epistle’s repeated affirmation of the Son of God’s having, fulli sin, assumed fulli truly human nature, apart from sin, it is possible to undertake a comparative examination of the characteristics proper to these two relationships. The outcome is to bring out how the unique relationship of Jesus to the Father is marked by his reverence towards God, his obedience to God and his constancy in maintaining the relationship. However, these characteristics are also those of the faith of men, even though that faith remains founded solely on the fact of Christ himself being worthy of trust.
Luoghi privilegiati di Eb per rinvenire le caratteristiche peculiari della filiazione divina di Gesù sono i passi in cui questo scritto omiletico trasmette vari elementi della memoria ecclesiale della passione di Gesù (5,7-10 e 12,2-3), rintracciabili attraverso unanalisi comparativa con le testimonianze evangeliche. Da questi testi di Eb emerge che la relazione singolare di Gesù con Dio coincide con la specificazione della sua libertà filiale nei termini non solo dellaffidabilità, ma anche del timore reverenziale di Dio, dellobbedienza a lui e della perseveranza nel rapporto con lui nel momento della sofferenza e della morte. In una modalità analoga, queste caratteristiche determinano anche la fede degli altri uomini.
Ma loriginalità di Eb sotto il profilo cristologico sta nellevidenziazione di come Gesù, che "è" il Figlio di Dio, "diviene" il mediatore sommosacerdotale della salvezza divina per gli uomini79. In altri termini: è vero che la relazione di Gesù con Dio assomiglia per vari aspetti alla fede in Dio degli altri uomini. Ma è altrettanto vero che sia gli elementi di discontinuità di Gesù rispetto ai limiti che incrinano la fede degli altri uomini sia soprattutto la superiorità qualitativa della sua relazione con Dio, che consente la sua mediazione salvifica, sono fondate sulla singolarità della sua identità di Figlio di Dio.
A questo riguardo, occorre fare due precisazioni sulla cristologia dellEpistola. Anzitutto, è indubbio che per Eb Gesù sia il Figlio di Dio. Che in questopera il titolo filiale sia attribuito a Gesù in senso stretto è provabile soprattutto dallanalisi di quei passi in cui egli è definito come "il Figlio di Dio" (o( ui(o_j tou= qeou=)80. In questo titolo, lindizio grammaticale delluso del duplice articolo greco lascia intuire una visione della filiazione in termini di unicità e di persona divina. Unattestazione ancora più chiara in questo senso viene dallasserto di Eb 1,8-9, in cui lappellativo assunto per definire "il Figlio" (to_n ui(o/n) è o( qeo/j. Nel contesto originario del Sal 45(44),8 (LXX), il titolo divino, essendo riferito ad un re terreno, va interpretato in modo metaforico. Ma nel momento in cui è applicato al Cristo glorificato, assume unaccezione trascendente. Essa risulta blasfema allinterno del rigido monoteismo ebraico; tanto più che o( qeo/j è accostato al medesimo soggetto divino (e!xrisen